La vetta del Carmelo con la mente scaliamo per gustarne le dolcezze; col cuore traboccante di delizia celebriamo d’Elia le meraviglie. Guida e onore è fatto d’una schiera di figli sparsi ormai per l’ampia terra, dall’oriente estremo all’occidente… (Inno Lodi, Solennità S. Elia Profeta)

Siamo giunti alla celebrazione della seconda Solennità del nostro Ordine Religioso: il 20 luglio i carmelitani festeggiano S. Elia profeta come ispiratore, esempio di zelo nel servire il Dio unico e vero. Eroe solitario che si presenta impacciato nelle relazioni sociali, Elia è audace nel vivere la propria missione, emotivamente fragile, ma incoraggiato da Dio a prendere coscienza della sua identità più profonda e reso capace di rialzarsi per conoscere in modo più intimo il Signore le Sue manifestazioni. Recentemente, proprio nel cammino di preparazione alla celebrazione del nostro 30mo di Fondazione, abbiamo sostato con il grande profeta sotto il ginepro, in attesa con lui di una parola di consolazione dal cielo. Il desiderio del profeta era teso continuamente a pregustare attraverso la contemplazione, quell’eterna libertà che né occhio vide, né orecchio udì: ma come tutti noi, sperimentava il peso ancorante della condizione mortale, penando per le proprie e altrui fragilità. Il suo modo di presentarsi, Vive il Signore alla cui presenza io sto, testimoniava questo impegno a restare dove era chiamato il suo cuore. Egli, in attesa della voce del Signore, stava davanti alla spelonca: la sua posizione indicava l’impossibilità di separarsi completamente dalle occupazioni della vita mortale, ma l’opportunità di uscirne facilmente in qualunque tempo con l’aiuto della grazia. (Cfr S. Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele). Ci sentiamo eredi del suo spirito così ardente: il primo erede, però, è un altro profeta cui noi guardiamo con attenzione, ovvero S. Eliseo. Il suo carattere appare diverso da quello di S. Elia: aperto alle relazioni, impegnato in una missione costellata di miracoli ottenuti per quella “parte doppia” da lui richiesta al grande profeta come eredità carismatica, S. Eliseo è un uomo di Dio in mezzo al popolo. Anche di questo ci sentiamo eredi: la nostra spiritualità suggerisce di vivere come fraternità orante in mezzo al popolo con questa apertura di cuore che nasce da un’esperienza di Dio vissuta nel raccoglimento interiore e un desiderio di “portare Dio” ovunque. Pienamente raccolto in Dio, quindi, S. Eliseo stringe relazioni amicali, educa attraverso gli eventi i figli dei profeti che si stringono intorno a lui, ottiene favori per coloro che chiedono il suo aiuto. Uno dei primi miracoli operati da S. Eliseo è il risanamento delle acque di Gerico. S. Ambrogio legge l’episodio come immagine di ciò che Cristo opera nella Chiesa: le acque di Gerico rendevano sterile la popolazione e S. Eliseo, benedicendole, sana gli abitanti di un’intera città. Così Cristo guarisce e rende feconda la Chiesa. I profeti animavano coloro che erano disposti ad impegnarsi per crescere nella fede, stimolavano costantemente alla ricerca di Dio, coltivavano una nuova coscienza della missione: essere servo. Risvegliavano forze addormentate e sconosciute sia nel popolo che nelle persone. I profeti facevano di tutto per ristabilire l’equilibrio spezzato dall’affannosa ricerca del potere. E di rinsaldare vincoli di fraternità: si impegnavano nella lotta per una convivenza sociale più sicura, in cui fosse rispettata la vita di tutti. (Cfr Carlos Mesters, Eliseo Profeta). In questo tempo di grazia, chiediamo di poter vivere pienamente il nostro proposito e invocando Dio, custode e redentore degli uomini, chiediamo che possa manifestare le sue meraviglie nei profeti di oggi, come in coloro che prima di Cristo, aprirono nuove strade per comprendere l’amore di Dio per l’uomo. Degnati, o Signore, di accrescere in noi i doni dello Spirito Santo, perché ripieni del carisma profetico, possiamo ovunque testimoniare la tua presenza e la tua provvidenza (Orazione finale, 14 giugno, memoria di S. Eliseo profeta).

Sr M. Daniela del Buon Pastore, O.Carm.