Quell’eterna fonte sta nascosta, quanto bene so dov’ha la sua dimora anche se è notte… Stai qui chiamando le creature e di quest’acqua si saziano, anche se al buio, poiché è notte. (S. Giovanni della Croce)

Tutta la comunità degli Israeliti levò le tende dal deserto di Sin, camminando di tappa in tappa, secondo l’ordine del Signore, e si accampò a Refidìm. Ma non c’era acqua da bere per il popolo. Il popolo protestò contro Mosè: “Dateci acqua da bere!”. Mosè disse loro: “Perché protestate con me? Perché mettete alla prova il Signore?”. In quel luogo il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua… il popolo mormorò contro Mosè e disse: “Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?”. (…) Il Signore disse a Mosè: … tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà”. Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?“. (Es 17, 1-3. 5 -7)

Noi mettiamo alla prova Dio: dubitiamo della sua presenza tra noi non appena il cammino appare diverso da come lo avevamo immaginato. Per noi è faticoso levare le tende, percorrere il deserto senza sapere cosa ci attenderà. Desideriamo metterci in cammino, ma al tempo stesso cerchiamo la comodità, la sicurezza data dal tenere tutto sotto controllo. Così, benché nella Sacra Scrittura, giardino di simboli in cui scorre acqua in abbondanza, meditiamo il suo traboccare nella stagione dei frutti nuovi, nei giorni della mietitura, nei giorni della vendemmia; nel far dilagare l’intelligenza, espandere la dottrina (Cfr Siracide, 24, 23-25.28), i nostri sensi spirituali si assopiscono quando, di tappa in tappa, non alimentiamo la nostra fede con atti di consegna fiduciosa a Dio, di tutto quello che siamo e viviamo. Gradualmente perdiamo l’orientamento, il discernimento sul significato del nostro percorso. Nel disagio crescente c’è sempre qualcuno con cui protestare, fino a che, prostrati, non invochiamo il Signore implorando: “lavami” (Sal 50), la mia anima ha sete (Sal 41). Ci riconosciamo fragili e assetati di tante cose… A volte, come bambini accompagnati alla fonte da una presenza adulta che tiene per mano, siamo incoraggiati a far scorta d’acqua con contenitori adeguati: ma nella nostra piccolezza, presi dal gioco di far vibrare i riflessi del mondo circostante con le dita immerse negli specchi d’acqua, tentiamo di dissetarci raccogliendo l’acqua con le mani fanciulle, rammaricandoci della quantità insufficiente.

Hai sete di tante cose? Sembra sussurrare il Signore. Cerca la sorgente nascosta e sacra. Cercala in te. Cerca quello che ti permette di raccogliere la maggior quantità d’acqua. Ti ho fatto mai mancare nulla? Perché la tua attenzione si fissa su una bellezza che devi lasciare per raggiungerne una maggiore? Leva le tende… Ricordo i giorni antichi, ripenso a tutte le tue opere, medito sui tuoi prodigi… al mattino fammi sentire la tua grazia, poiché in te confido. Fammi conoscere la strada da percorrere perché a te si innalza l’anima mia. (Sal 142) E il nostro cammino riprende vigore. Qual è il nostro desiderio centrale, di cosa oggi ha sete la nostra anima? Ci sono acque benefiche e acque distruttrici, ma l’uomo che cerca Dio trova in Lui la sapienza come acqua pura. Essa fissa la sua dimora nel giusto e diventa in lui sorgente: “Come acque profonde sono i consigli del cuore umano, l’uomo accorto vi sa attingere” Pro 20,5. (Cfr C.Cicconetti, Simboli carmelitani).

Maria, è colei che custodisce questa sorgente in noi, lei, “acquedotto” che incanala i fiumi del paradiso per irrigarvi il suo giardino (Sir 24, 40-42), che soccorre l’uomo sfiancato in terra arida, lei, piena di grazia, in cui Cristo, Fonte zampillante sgorga passando per le profondità inviolate della tua umanità, resti sempre per noi di speranza Fontana vivace.

Sr M. Daniela del Buon Pastore, O.Carm.